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Gli alimentatori «AT» sono quelli che sono stati usati inizialmente per gli elaboratori con microprocessore i286; gli alimentatori «ATX» sono stati usati più avanti, per aggiungere delle funzionalità che non era possibile realizzare con quelli della generazione precedente. Tuttavia, tali alimentatori hanno delle caratteristiche comuni, che vengono considerate in questo capitolo.
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Sul lato posteriore, vicino alla spina tripolare da pannello per l'ingresso dell'alimentazione elettrica, ci può essere un piccolo interruttore, con il quale si può spegnere l'alimentatore.
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Sempre sul lato posteriore, può essere presente un piccolo commutatore a slitta, per selezionare la tensione di alimentazione della rete elettrica. Di solito, il commutatore è collegato soltanto a due fili, che, se vengono messi in cortocircuito, fanno sì che l'alimentatore si aspetti di ricevere dall'esterno una tensione più bassa. In tal caso (lo si può verificare facilmente con un piccolo tester), considerato che in Italia viene fornita soltanto la tensione di 220 V a 50 Hz e che il cambio tensione serve, di norma, per selezionare una tensione di alimentazione pari a circa la metà di quella normale, può essere utile rimuovere il collegamento a questo cambio tensione, in modo da evitare errori accidentali nella sua configurazione.
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All'interno dell'alimentatore, si trova normalmente un fusibile di protezione contro gli assorbimenti eccessivi, soprattutto allo scopo di evitare incendi. Generalmente, quando si brucia il fusibile, l'alimentatore ha un guasto; tuttavia, se non si riscontrano bruciature o rotture di componenti, si può tentare la sostituzione di un fusibile interrotto.
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La sostituzione del fusibile deve avvenire utilizzandone un altro con le stesse caratteristiche. Generalmente si tratta di fusibili rapidi (lettera «F») e la corrente va letta sulla coroncina metallica del fusibile stesso. Eventualmente, si può stimare il valore della corrente di un fusibile, in base alla potenza che deve essere erogata dall'alimentatore, come si vede nel grafico contenuto nella figura successiva.
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Gli alimentatori richiedono un sistema di dissipazione del calore, prodotto dai componenti che regolano la tensione di alimentazione, attraverso il controllo del flusso di corrente elettrica. I componenti che producono calore sono attaccati fisicamente a delle alette di raffreddamento di alluminio, per facilitare la dissipazione del calore stesso; tuttavia, queste alette richiedono un flusso continuo di aria per potersi raffreddare.
L'alimentatore tipico contiene una ventola per il raffreddamento dei dissipatori contenuti all'interno. Questa ventola si colloca normalmente sul pannello posteriore dell'alimentatore ed è orientata in modo da espellere l'aria all'esterno. Eccezionalmente, gli elaboratori che puntano sulla silenziosità, utilizzano piuttosto alimentatori con ventole aspiranti.
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Osservando il sistema di dissipazione di un alimentatore, si può intuire la potenza massima erogabile: un circuito con componenti di piccole dimensioni e molto spazio libero, deve generare poco calore, di conseguenza non può erogare una grande potenza; al contrario, un circuito con componenti più grandi e con un sistema di dissipazione più appariscente, dovrebbe sostenere carichi più importanti.
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L'alimentatore contiene componenti che richiedono la dissipazione del calore, attraverso una ventilazione forzata, che ha lo svantaggio di depositare velocemente uno strato di sporco al suo interno. Lo sporco, depositandosi sui componenti, ne riduce la capacità di dissipazione termica, creando anche la possibilità di formare dei cortocircuiti.
Dopo un certo numero di ore di esercizio, un alimentatore dovrebbe essere pulito per garantirne il funzionamento nel tempo successivo, ma la pulizia migliore è quella fatta con l'acqua. Infatti, di norma un alimentatore sopporta bene un lavaggio in lavastoviglie (purché sia stato prima aperto), a una temperatura di 50 gradi centigradi (con tutto quello che serve per la lavastoviglie, come se si trattasse di un lavaggio normale); in alternativa, si può ripiegare per un lavaggio sotto una doccia calda, con sola acqua. Dopo il lavaggio e dopo qualche giorno di attesa per l'asciugatura, l'alimentatore può essere rimesso in funzione.
Eventualmente si veda la sezione 705.1 a proposito del lavaggio degli alimentatori e di altri componenti di un elaboratore.
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Il buon funzionamento dell'alimentatore può condizionare l'affidabilità dell'elaboratore. Infatti, quando un alimentatore non è in grado di erogare tutta la corrente richiesta, può succedere che, di conseguenza, abbassi la tensione di alimentazione. Quando ciò accade, un buon alimentatore deve essere in grado di accorgersene e inviare un segnale di cattiva alimentazione alla scheda madre (in pratica, il segnale noto come power good, o power ok, deve venire a mancare). Se però l'alimentatore non fa questo in modo corretto, l'elaboratore può anche continuare a funzionare, ma in tal caso non è detto che lo faccia senza conseguenze negative.
Un sintomo di cattiva alimentazione elettrica, può essere dato da un'alterazione casuale dei dati. Per esempio, copiando un file, la copia potrebbe essere differente dall'originale. Sintomi più appariscenti sono dei malfunzionamenti delle unità a disco, che spesso si manifestano facendo sentire un movimento brusco delle testine prima di un blocco del sistema.
Tutti gli alimentatori sono fatti per sostenere, per periodi brevi, un assorbimento maggiore di quello «normale» per i quali sono stati progettati. Di conseguenza, i sintomi di un'alimentazione insufficiente non si presentano subito, ma durante il funzionamento, ed è questo particolare che rende difficile determinarne la causa. In pratica, durante il funzionamento gli alimentatori si scaldano e se la dissipazione del calore è insufficiente, si presentano i problemi in questione. |
Purtroppo, le etichette che appaiono sugli alimentatori non sono sempre veritiere; al contrario, spesso si dichiarano potenze doppie rispetto alla realtà. La situazione più comune in cui i dati riportati dalle etichette non sono attendibili si manifesta con gli alimentatori incorporati in un contenitore da elaboratore (case), venduto per gli assemblaggi personalizzati; meglio ancora se il contenitore è di piccole dimensioni, così da rendere improbabile l'inserimento di tanti componenti.
Quando la potenza dell'alimentatore è importante, è altrettanto importante poter capire se l'etichetta riporta valori verosimili o meno. La prima cosa che si può osservare è il peso: un alimentatore leggero non riesce a erogare una potenza elevata. Un'altra cosa da osservare è il sistema di dissipazione: per erogare una potenza elevata i componenti di regolazione devono essere raffreddati da alette di alluminio profilato, con una superficie molto grande; inoltre queste alette devono essere sottoposte a una ventilazione significativa, quindi spesso servono due ventole, una di fronte all'altra. Se si può aprire l'alimentatore, si può osservare la dimensione degli altri componenti: se nell'insieme i componenti sono abbastanza piccoli da lasciare molto spazio libero, l'alimentatore può erogare solo potenze minime; al contrario, un alimentatore che deve erogare potenze elevate, richiede componenti più grandi (diodi, condensatori, trasformatori, ecc.).
Per il collegamento di unità separate dalla scheda madre, si usano normalmente dei connettori a quattro poli (femmine volanti), che forniscono le tensioni di +5 V e +12 V, oltre alla massa (0 V), come si vede nelle figure successive.
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Appunti di informatica libera 2007.02 --- Copyright © 2000-2007 Daniele Giacomini -- <daniele (ad) swlibero·org>
Dovrebbe essere possibile fare riferimento a questa pagina anche con il nome alimentatori_at_e_atx.htm
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